Trilogia Dell'Altipiano

Mario Rigoni Stern
  Storia di Tönle 1978
L'anno della vittoria 1985
Le stagioni di Giacomo 1995

La storia di Tönle Bintarn, contadino veneto, pastore, contrabbandiere ed eterno fuggiasco è l'odissea di un uomo che tra la fine dell'Ottocento e la Grande Guerra rimane coinvolto nei grandi eventi della Storia e combatte una battaglia solitaria per la sopravvivenza.

Storia di Tonle

Ogni sera sulle rive del Moor una vacca restava immobile a guardare. Si ergeva contro il cielo chiaro sopra la linea dell'orizzonte e le faceva da basamento il riporto di terra scavato dalla montagna nella primavera del 1916 per fare posto e riparo a una batteria di cannoni. Malinconico e assorto, rannicchiato nella poltrona di vimini e con una coperta che lo avvolgeva a ripararsi dall'aria fredda, Gigi Ghirotti guardava anche lui in silenzio. Poi disse sottovoce: "Cosa guarderà quella vacca? O cosa penserà? La vedo sempre lì tutte le sere. Forse," aggiunse al mio silenzio, "Vorrà riempirsi dentro di queste ore, con le immagini e i rumori, per quando la neve e il freddo la terrà rinchiusa per mesi nella stalla. O per quando sarà morta". "Forse," risposi allora, "aspetta di vedere sorgere il sole. Non vedi come guarda sempre verso mattina?" Intanto giù dai boschi e dalla montagna scendeva la notte; ma anche nel buio, contro il cielo stellato, la vacca restava immobile a guardare. Era come il tempo. Incominciai allora a raccontare a Gigi la storia di Tonle Bintarm.


...Quando sentì l'altolà fu più sorpreso che se gli avessero sparato una moschettata; ma non lasciò il carico per essere libero di correre, era troppo vicino a casa ormai, e con un salto verso valle si staccò dal sentiero. Lì sotto era pronta la seconda guardia di Finanza e come lui toccò terra sentì afferrarsi per un braccio e il grido di rito: "Fermo! Sei preso!". Fu allora, quando si sentì afferrare per il braccio, che si svincolò e con il bastone tirò a caso un colpo. La guardia urlò e andò per terra. Lui si mise a correre giù per il bosco dove già fioriva la dafne; sentì gli spari e le pallottole che troncavano i ramoscelli di faggio sopra la sua testa e poi gridare: "Alt! Alt! Fermati", e le cornacchie che gracchiavano e un merlo spaventato, e poi ancora: "Alt! Fermati, ti abbiamo riconosciuto!". Si fermò in un posto da dove poteva osservare senza essere veduto. Le due guardie scesero per i pascoli; uno sosteneva il compagno che teneva con una mano il fazzoletto contro la testa.

...Il giorno dopo il fattaccio la moglie di Tonle si recò in paese con una dozzina d'uova e due chili di zucchero nella borsa. Prima di attraversare la Piazza della Fontana si fermò dietro l'angolo degli Stern per levarsi le babbucce e mettersi le calze e le scarpe; dopo sì rassettò, camminò per la piazza sino alla casa che cercava e salì le scale dell'avvocato Bischofar. L'avvocato, come sentì il passo, uscì nel corridoio per farla entrare nello studio dopo aver fatto uscire la nipotina che era lì a tenergli compagnia e intanto, spolverava i libri e i quadri con i ritratti di Garibaldi a cavallo e di Mazzini con la mano sulla grande fronte.

... "So già tutto" disse alla donna dopo averla fatta accomodare, Il vostro uomo è meglio che per un bel pezzo di tempo non si faccia vedere in giro. Non era stato a far stagione nelle miniere di ferro della Stiria? Che ci ritorni subito anche se non ha l'ingaggio; la strada la sa, E poi troverà bene il modo di mandarvi qualcosa per tirare avanti; dopo tutto è meglio nella miniera di ferro che nelle prigioni. Da come si sono svolti i fatti, ne ho parlato con il pretore, non c'è possibilità di assoluzione; poi, magari con il tempo, ci potrà essere l'occasione di qualche amnistia. Intanto cercherò di farvi avere qualcosa dal Pio Istituto Elemosiniere. L'avvocato Bischofar non parlava curiale; anzi rivolgendosi alla gente del contado diceva più parole nell'antica lingua che non venete o italiane. Non volle le uova né lo zucchero e nel congedarla le raccomandò, giacché doveva passare per la contrada Chescie, di salutargli l'amico Christian Sech.

...Il cane di Cesare non abbaiò: venne ad annusargli i pantaloni di fustagno, Erano tanti gli odori, ma tutti amichevoli, e mosse lievemente la coda. Tonle vide, ma non vi fece caso, una fila di pannolini gelati stesi sullo steccato dell'orto. Tirò il paletto del saliscendi, spinse la porta ed entrò senza dire parola. Non l'aspettavano. Stette un attimo fermo contro lo stipite di pietra, e richiuse. Sua moglie e sua madre smisero di filare il lino, suo padre seduto su uno sgabello lo guardava dopo aver distolto lo sguardo dal fuoco e la pipa dalla bocca; Petar fu il primo ad alzarsi in piedi nell'angolo sotto il lume dove lavorava con i coltelli, tra un mucchio di trucioli, a lisciare doghe d'abete. Gli si fecero incontro, le donne l'abbracciarono e lo baciarono; suo padre sbarrò la porta con il traverso di frassino, poi lo prese per un braccio e lo tirò vicino al fuoco per meglio vederlo. Tutti volevano sapere tante cose, e le domande si accavallavano alle risposte. Poi riprendevano per raccontare e per sapere di quei mesi che era stato lontano.
Quando aveva dovuto farsi uccel di bosco sua moglie era incinta da appena due mesi, e non lo sapeva ancora, e ora era nata una bambina che avevano già battezzato chiamandola Giovanna: dormiva. Era lì nella sua cuna ben calda e asciutta, adagiata sul sacco di pula si succhiava il pollice appena respirando, ogni tanto muovendo le guance. Tonle aveva preso il lume ad olio e tenendolo davanti con il braccio teso la guardava immobile: commosso senza timore di dimostrarlo, si dimenticava di mordere la fetta di polenta e il pezzettino di formaggio che sua madre gli aveva messo in mano... Mentre si raccontavano queste cose sua moglie lo guardava come volesse trapassare con gli occhi le vestimenta, aveva subito messo da parte aspo e mulinello e gli teneva una mano stringendola forte. Aspettava il momento di restare sola con lui per chiedergli altre cose che lì davanti a tutti non poteva.

...Quella sera finalmente poté distendersi nel suo letto, con sua moglie accanto e i due figli più piccoli nelle cune accostate. Non si accorse del freddo perché i loro corpi fecero presto a riscaldarsi. Il ghiaccio sui vetri aveva ricamato fantastiche tendine e la luce della luna che riverberava dalla neve si spandeva tenue e soffusa per la stanza facendo scintillare come tante stelle la calaverna delle pareti così che sembrava di essere stesi dentro un cielo tiepido. Più volte amò la sua donna e poi si addormentò posandole una mano a coppa sul seno.

...Fu nel1904 che, finalmente, anche il nostro Bintam poté farsi vedere per le strade e per i campi e per i boschi senza il timore di venire arrestato dalle guardie o dai carabinieri. In quest'anno nella casa regnante nacque il principe ereditario e, per l'occasione, venne concessa l'amnistia e l'indulto. L'avvocato Bischofar fece la pratica con solerzia e per mezzo di amici influenti riuscì in breve tempo a portarla a buon fine.

...Il 28 giugno 1914 vi furono le pistolettate di Sarajevo, ma la notizia a Tonle la portò un carbonaio più di un mese dopo il fatto. Era con le pecore per lo Zingarellenbeck e il carbonaio andava a tagliare i mughi verso la Grotta della Capra.

...Salì in fretta le scale di legno, sul ballatoio la porta della camera era spalancata e da una trave del soffitto pendeva sul letto una lucerna. Sua moglie era stesa dentro il grande letto d'abete e sembrava tanto piccola e minuta, respirava a fatica e il viso si era tutto raggrinzito. Petar era ai piedi del letto, immobile. Le prese una mano tra le sue, era secca e fredda e con le vene marcate e dure sul dorso; lei aprì gli occhi e tentò di sorridergli. Petar disse: "Ho mandato Carlo a chiamare il medico. Non l'avete incontrato? Dopo che siamo tornati dalla fiera ha voluto che andassimo sul Moor a cavare le patate. Quando il sole è andato giù si è sentita poco bene e l'ho portata a casa sulle spalle. Ha freddo, dice; Brigida le ha messo un mattone caldo in fondo ai piedi.

...Due giorni dopo chiuse gli occhi. Venne don Tita Muller a darle l'olio santo e dopo altri tre giorni cessò di respirare. Vennero ancora il prete con cotta e stola e il campanaro con la croce e il cavallo bardato di nero e giallo; tutta la contrada e anche quelle vicine l'accompagnarono sulla collina dietro la chiesa dove tutti da tre secoli andavano a riposare. Tonle quando ritornò si rese conto quanto vuota fosse rimasta la casa e il letto che avevano occupato per tanti anni, anche se per la maggior parte dei mesi dell'anno era stato lontano per necessità. Qualche volta credeva di vederla rattizzare il fuoco sul focolare o nella stanza scura fare la cernita delle patate: la chiamava, ma allora la figura spariva e si sentiva solo.

...Senza volerlo era giunto in quel luogo singolare ai piedi delle nostre montagne e prima dell'inizio della grande pianura, dove maturano fichi dolcissimi, l'uva zibibbo e crescono gli ulivi. Si sentiva bene ora, non C'erano più rumori di battaglia ma solamente un vento leggero tra i rami degli ulivi. Scendeva la sera e anche la pianura verso il mare si rasserenava: il cielo prendeva il colore dell'acqua marina. Si sedette sotto un ulivo, ricaricò l'orologio senza sapere che le ore trascorse di quel giorno erano quelle di Natale; accese la pipa, si appoggiò al tronco dicendo a voce alta: "sembra una sera di primavera" e si ricordò quella di tanti anni prima quando dal margine del bosco aspettava che l'ombra della notte facesse svanire il ciliegio sul tetto per rientrare in casa.
Il mattino dopo il combattimento si era esaurito come quando un temporale non trova più nubi e saette. I soldati si riposavano esausti sulle posizioni sconvolte e i feriti venivano avviati verso le retrovie. Il tenente Filippo Sacchi doveva recarsi al comando del IX Gruppo alpini, dal colonnello Scandolara, per rilevare e riferire dati al comando della 52° divisione; pensava anche, nel tragitto, dato che la giornata era bella e calma, d'entrare nell'abbazia di Campese, che era sulla sua strada, per rendere omaggio alla tomba di Teofilo Folengo. Andava così soprappensiero quando nei pressi di San Michele, dove i benedettini secoli addietro avevano piantato quegli ulivi, vide un vecchio appoggiato a un tronco, tranquillo e con la pipa in mano: "Buon giorno!" gli disse. Ma non ebbe risposta. Forse è sordo, pensò, e gli fece un cenno con la mano. Nemmeno al cenno rispose e quando gli fu vicino si accorse che era morto. Si guardò attorno, subito non vide nessuno, poi sentì un passo sulla strada che girava sopra e chiamò. Venne un soldato piuttosto scalcagnato, con elmetto in testa e mantellina a tracolla. "Scendi giù" gli disse il tenente, "dobbiamo fare qualcosa. C'è un vecchio morto."

Come le altre sere, prima della cena, andavo da Gigi. Camminavo pensando al suo male che giorno per giorno gli toglieva le forze...
Non c'era l'automobile sotto le betulle...
"E' dovuto partire in fretta perchè stava male," mi dissero. Avevano telefonato a casa tua ma non c'eri. Dalle montagne scendevano le prime ombre, mi sedetti davanti alla porta a guardare la vacca sul Moor come se lui fosse ancora lì con me.

Ora si ferma il vento

Coro: I Crodaioli
Compositore: Giuseppe (Bepi) De Marzi

Ora, ora
si ferma il vento
e nasce la canzone.
Era dolce come nel ricordo.
Ora, ora si ferma il vento.
Non lasciare che il vento
cancelli la canzone,
ma se la porta lontano,
la trovi nei sogni.
Ora si ferma il vento